Il blog non è più una prova

Quando nel 2008 iniziai questa avventura scrissi che lo stavo facendo per lavoro, per sperimentarne logica e funzionalità.

Oggi è luogo di relazione, memoria, scambio e conservazione di informazione, dove esprimere il mio punto di vista e ascoltare quello degli altri, moderno tazebao, ma sopratutto opportunità di conoscere cosa gli altri ‘veramente’ pensano poiché vedo come grave rischio contemporaneo, quello di pensare ciò che i mediatori televisivi di comunicazione ci dicono che pensiamo e ancor peggio di credere che quanto essi sostengono è veramente quanto pensiamo.

Il blog come alternativa al pensiero unico e autentico scambio, diretto e senza mediazione.








giovedì 20 agosto 2009

A CHI APPARTIENE LA TUA VITA?

Potevo avere 13 forse 14 anni, età certamente difficile, ricordo bene l'episodio. La conflittualità con Natalina, la madre, era notevole, del resto ero una ribelle come soleva definirmi Italo, il padre. Gli anni erano caldi, avevo quell’età intorno al ‘68.

Un giorno come tanti, una discussione vivace, praticamente un litigio, io ero seduta e Natalina era in piedi e mi sgridava minacciosa, io mi arrabbiai e la rabbia crebbe tanto che le urlai sul muso:

“… ma chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, io no di certo”. La frase ne sottendeva un’altra che non pronunciaci: “e adesso sono qui e mi tocca rimanerci”:

Un genitore d’oggi opterebbe per altre soluzioni, ma Natalina reagì alle mie parole con la semplicità del mondo contadino e mentre io leggevo l’intenzione nei sui occhi lei fulminea passò all’azione. Precipitosamente mi alzai mentre lei mi inseguiva con la scopa in mano a guisa di giavellotto; ero più giovane e lesta, lei una pessima lanciatrice e la scampai.

L’affermazione non era una ‘provocazione’ del momento come potrebbe sembrare, era qualcosa su cui avevo realmente riflettuto e non con l’intenzione di compiere l’atto estremo, non ne ho mai avuto intenzione alcuna, amo talmente la vita da sentirmi la Vita stessa.

Oggi la domanda si sposta su un diverso piano ma l’interrogativo permane in quel dialogo interiore e personale che intrattengo con il divino, la questione è aperta.

Intendevo stralciare alcune parti più significative di altre dal libro di Flores D’Arcais, ma dopo averlo letto mi sono resa conto che ogni parte è significativa, ne suggerisco quindi la lettura, certo non per l’estate sotto l’ombrellone, non è una lettura amena.

Titolo: A chi appartiene la tua vita
Autore: Paolo Flores D’Arcais
Editore: Ponte alle Grazie

Nota per i gussaghesi: lo si puo’ trovare anche in biblioteca.

Marziana

1 commento:

Marziana ha detto...

dal libro
..... è insostenibile senza l'ipotesi di Dio, affermare che quella sovranità sulla propria vita, che viene negata all'individuo che tale vita vive, appartiene ad un altro individuo umano e mortale come lui, o ad un insieme di individui, che possono perciò arrogarsi il diritto di costringere qualcuno a vivere contro la sua volontà.......
...

A meno che la convivenza non sia più quella (democratica) tra individui liberi ed eguali, e anzi neppure quella (dello Stato di diritto) fra persone pari in dignità perchè tutte e comunque sottoposte solo alla legge, ma venga teorizzata nella forma di un esplicito asservimento di alcuni ad altri (esattamente come lo schiavo rispetto al padrone). Magari come dispotismo della maggioranza......
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Ma la fede non puo' essere il fondamento della convivenza politica, una volta che che si accetti la pari dignità fra credenti e non credenti (oltre che fra credenti di fedi diverse o di diversa interpretazione di una stessa fede). Mentre una morale 'naturale' unica e condivisa resta un assoluto miraggio, e non fa che spostare il problema: quale sarà riconosciuta come morale 'naturale' vera, fra le tante, e conflittuali, che si dichiarano conformi a natura?

Ecco perchè l'unica soluzione è quella di riconoscere che la norma viene sempre comunque stabilita da una decisione dell'uomo, anche se poi travestita da volontà di Dio o decreto della natura. La differenza è solo di lucidità e trasparenza. In un caso - il riconoscimento che è la libertà dell'uomo a creare la norma - si descrive ciò che avviene esattamente come avviene. Negli altri casi, gli uomini che comunque decidono, anziché assumersi apertamente la responsabilità delle loro scelte, le attribuiscono a Dio o alla Natura, probabilmente perché schiacciati dal peso di questa responsabilità in effetti abissale. Ma comunque ineludibile.

Dio e la Natura, infatti, non parlano direttamente. E' sempre un uomo, finito e mortale come noi tutti , che si arroga la prerogativa di essere profeta o vicario di Dio, o di decifrare la volontà morale della natura. Dunque è sempre l'uomo a creare la norma, benchè aoertamente o surrettiziamente: che decide in prima persona o che decide ugualmente, ma attribuendo la propria opinione a Dioo alla Natura.

Un vero e proprio delirio di onnipotenza, in cui cadono inevitabilmente tutti i teorici della morale ''naturale''
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