Il blog non è più una prova

Quando nel 2008 iniziai questa avventura scrissi che lo stavo facendo per lavoro, per sperimentarne logica e funzionalità.

Oggi è luogo di relazione, memoria, scambio e conservazione di informazione, dove esprimere il mio punto di vista e ascoltare quello degli altri, moderno tazebao, ma sopratutto opportunità di conoscere cosa gli altri ‘veramente’ pensano poiché vedo come grave rischio contemporaneo, quello di pensare ciò che i mediatori televisivi di comunicazione ci dicono che pensiamo e ancor peggio di credere che quanto essi sostengono è veramente quanto pensiamo.

Il blog come alternativa al pensiero unico e autentico scambio, diretto e senza mediazione.








giovedì 24 dicembre 2009

BUON NATALE

I miei auguri di

BUON NATALE

si animano sul link

Marziana

martedì 22 dicembre 2009

LETTERA APERTA A BRESCIA CATTOLICA

Pubblico questa lettera che mi è giunta via mail, interessante spunto natalizio di riflessione.

Cara Brescia cattolica, fammi un po’ capire quello che ti sta accadendo:

700 missionari sparsi per il mondo ad annunciare e testimoniare il Vangelo, tra le prime diocesi d’Italia per il numero di adozioni a distanza di seminaristi, 800 sacerdoti, 5 istituti missionari più diversi istituti religiosi aventi missioni, le adozioni a “distanza” proliferano in ogni associazione, più di 150 associazioni-onlus impegnate per la cooperazione nei paesi del sud del mondo (con forme e modalità diverse), 150 gruppi missionari nelle parrocchie che fanno informazione, formazione e raccolgono fondi per i fratelli del sud del mondo, Banca etica fa la sua parte, il Commercio equo e solidale ha raggiunto i 29 negozi, 7 ONG da anni operano per il sud del mondo ... e potremmo continuare. Non manca certo l’attenzione agli ultimi, ai poveri, agli “altri”.

“Senza Verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia degli interessi privati e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali” (caritas in veritate, 5)
La verità è che c’è qualcosa che non funziona al di là di questa luminosa facciata e di questa gloriosa storia.

Siamo sempre stati in grado di far coabitare virtuosamente diavolo e acqua santa. Infatti siamo tra i primi produttori e commercianti di armi al mondo e non se ne può parlare.

Cresce, anche nelle nostre parrocchie e fra i preti e religiosi, una cultura leghista ben lontana dal vangelo (si raccolgono firme per difendere il crocifisso, brandendolo come una spada e urlando “nessuno potrà mai privarci dei nostri simboli, della nostra storia e della nostra identità”: che tristezza e che vergogna!). Dilaga la violenza verbale, culturale e aumentano i gesti di avversità contro gli stranieri ( ci mancava pure l’ultima trovata del CIE - Centro di Identificazione e Espulsione - che non renderà Brescia più sicura ma certamente più conflittuale). Continuiamo a maltrattare l’ambiente in cui viviamo e privilegiamo logiche di cementificazione e di inutile inquinamento o l’idea di guadagnare su tutto privatizzando ciò che spetta a tutti (vedi l’acqua). Consumiamo, pro capite, 25 volte più di un abitante dei paesi del sud del mondo. Tolleriamo (e votiamo) leggi apertamente ingiuste e inique. Dimentichiamo la coscienza pur di intrupparci in logiche di potere e di partito. Ci lamentiamo della chiesa e dei vertici (giustamente), per i loro silenzi e connivenze, ma non sappiamo vivere una sincera, libera e adulta vita di fede nell’economia, nella politica, nell’educazione. Chiediamo privilegi che non riconosceremo mai ad altri. Inneggiamo al Papa e poi prepariamo delibere che calpestano la dignità della persona e i diritti umani.

I fatti di Coccaglio e di Rovato ci turbano e ci interrogano. Ci turba la violenza gratuita e insensata contro due giovani tanto quanto l’odio e la violenza che cresce dentro le nostre comunità. 4 manifestazioni in 4 giorni e totale incapacità di dialogare e lavorare insieme per il bene comune.
Chiedere giustizia e legalità non ci esime dal coraggio dell’ospitalità e dell’accoglienza.
Chiedere sicurezza e meno violenza non ci esime dalla valutazione della mole di violenza che noi abbiamo seminato nel mondo e stiamo seminando nel nostro mondo. Chiedere attenzione alla famiglia non cancella la responsabilità di espellere famiglie intere in nome di leggi fatte dal centrosinistra o di un pacchetto sicurezza scandalosamente ingiusto (il sindaco di Coccaglio avrà formalmente ragione ma la formalità del rispetto delle leggi in questo caso e in molti altri non si coniuga più con la libertà di coscienza e il bene dell’uomo).

Chiedere identità significa fare seriamente il punto sulla qualità della nostra vita e scelta cristiana, di singoli e di comunità. Se le destre e le sinistre che in questi giorni hanno innegggiato al crocifisso e al bianco Natale, se chi vuole mettere la croce sulla bandiera italiana si fermassero a leggere e vivessero il Vangelo nulla di questo sarebbe accaduto. Intanto le comunità cristiane balbettano, o tacciono.
Ci domandiamo cosa abbiamo da perdere e perchè abbiamo così tante paure. Ci domandiamo perchè le nostre comunità si sono incattivite. Ci domandiamo perchè, anche nei nostri consigli pastorali e fuori dalle chiese, in paesi a maggioranza cattolica, è più facile sentire una bestemmia piuttosto che una parola di speranza. Ci domandiamo perchè sia rilanciato un cattolicesimo che cerca poltrone e potere piuttosto che uno stile di vita libero, povero e in dialogo costante con il mondo (vi consigliamo di leggere le due interviste a Cesare Trebeschi e a Graziano Tarantini su Bresciaoggi del 7 novembre 2009 per capire cosa c’è in gioco).
Siamo invece certi che Gesù ci chiede di stare con gli ultimi, di servire e non farci servire, di scegliere Dio e non il denaro, di costruire pace e nonviolenza, di essere benedizione e non maledizione. Buoni, liberi, poveri e coraggiosi compagni di viaggio per questo mondo che chiede incontro e non censure e chiusure.
A quando un discernimento veramente comunitario?

don Fabio Corazzina, parroco di S. Maria in Silva – Brescia
Claudio Treccani, animatore del Centro Missionario Diocesano
Francesca Martinengo, una giovane studentessa

Brescia 30 novembre 2009

domenica 13 dicembre 2009

Ma chi è Harry Potter?

Quest'estate subito dopo aver visto il film di Harry Potter e il principe mezzosangue, delusa perchè la storia segna un po' il passo, sono stata incuriosita dal finale ammiccante del film e ho letto il libro che Santa Lucia ha portato a mia figlia di 9 anni per avere conferme.
Sono rimasta sorpresa per come il libro sia ben scritto, l'intreccio avvincente, un lettura semplice (in fondo è un libro per ragazzini) beh … mi sono proprio divertita e ho finito col leggere anche I doni della morte.
La storia è ambientata nel mondo magico e quindi è strutturata come una fiaba, ma in realtà si snoda con meccanismi che la nostra Storia recente ha già visto svolgersi nel mondo reale. La Rowling, infatti, descrive in maniera puntuale l'ascesa dell'Oscuro Signore mutuando tutti i meccanismi delle dittature.
A questo punto può continuare a leggere solo chi ha letto i libri o almeno ha visto i film!
L'Oscuro Signore, è l'erede di Salazar Serpeverde, uno dei quattro potentissimi maghi fondatori della scuola di magia di Hogwards, che, al contrario degli altri tre, riteneva che solo i maghi purosangue (cioè nati da genitori entrambi maghi) avessero diritto di entrare a Hogwards, mentre i maghi mezzo sangue o nati babbani (i babbani sono tutti quelli senza poteri magici) non erano degni di accedere al sapere magico e dovevano rimanere confinati nel mondo babbano, nonostante fossero dotati di poteri magici al pari dei maghi purosangue.
All'inizio della saga, Colui-che-non-può-essere-nominato è morto e i suoi seguaci sono in prigione: il Ministero della magia amministra il mondo magico, tenendo buoni rapporti con il Primo Ministro inglese. Poi accadono alcuni strani eventi: Silente, il custode del passato e del futuro, capisce immediatamente i segnali del ritorno di Voi-sapete-chi ma il Ministero, il potere legittimato, si rifiuta di guardare la realtà e continua e negarne l'esistenza fino a quando assiste ad uno scontro diretto tra Harry Potter e Voldemort.
A questo punto il Ministro e i suoi collaboratori, invece di mobilitare tutte le forze positive contro la magia oscura di Voldemort per salvaguardare il benessere nel mondo magico, pur di mantenere il loro status si compromettono via via con la magia oscura fino a quando i Mangiamorte, i fedeli servitori di Voldemort, diventano i padroni del Ministero stesso.
E come avviene la presa del potere da parte dell'Oscuro Signore?
Ovviamente prendendo i giornali: prima l'organo ufficiale del governo, emanazione del Ministero, La Gazzetta del Profeta, che da organo di governo sempre pronto a rassicurare la popolazione diventa la longa manus dell'Oscuro Signore, iniziando una campagna diffamatoria nei confronti di Harry Potter. Poi riduce al silenzio anche la stampa libera costringendo con il ricatto il proprietario del Cavillo ad allinearsi alla linea editoriale della Gazzetta del Profeta e, infine, a chiudere. Resterà solo una radio clandestina, Radio Harry Potter, che si può sentire solo se si conosce la parola magica di accesso, che continuerà a dare notizie sulle imprese del nostro eroe e di tutti coloro che resistono all'Oscuro Signore.
Voldemort agisce come un vero despota: si circonda di servi vili che non lo amano ma lo temono; cattura gli oppositori e li elimina; usa la tortura come metodo per far parlare i nemici; e alla fine conquista il luogo del sapere, dove i giovani maghi vengono formati: Hogwarts diventa il luogo dove si apprendono le arti oscure, dove gli studenti sono invitati alla delazione e dove vige la legge del più forte.
Un antagonista di tale statura non può che avere la funzione di far splendere l'eroe della storia: Harry Potter il prescelto, il predestinato, il sopravvissuto, colui che viene riconosciuto dall'Oscuro Signore come suo pari.
A guidarlo un potentissimo mago, Silente, che fondò l'Ordine della Fenice, un'armata segreta i cui membri hanno tutti dei nomi di battaglia, vivono in clandestinità e vigilano temendo il ritorno di Voldemort.
Al fianco di Harry alcuni amici fedeli che lo sostengono, lo aiutano, lo richiamano alle responsabilità a cui non può sottrarsi, invitandolo ad addestrare una nuova resistenza tra i giovani maghi di Hogwarths: l'esercito di Silente.
C'è persino una spia doppiogiochista, infiltrata tra le fila dei Mangiamorte, che per proteggere Harry sarà costretto a sporcarsi le mani eliminando uno dei suoi compagni per mantenere la copertura e la fiducia di Voldemort.
Dopo l'ascesa dell'Oscuro Signore e la morte di Silente, il nostro Eroe si dà alla macchia, seguito dai suoi più fedeli amici, Ron ed Hermione, costretti a lasciare Hogwarts per non essere perseguitati ed uccisi: insieme compiono imprese rocambolesche che alimentano la speranza di molti e la resistenza di alcuni.
Le battaglie, le sortite, gli scontri tra i difensori della magia bianca e i portatori delle arti oscure sono senza quartiere: molti pagano con la vita e anche il nostro eroe a tutto tondo capisce che dovrà sacrificare la propria vita per difendere la libertà di tutti. Volontariamente si offre ma, essendo una fiaba, sopravvive e nello scontro finale elimina definitivamente Voldemort, con un incantesimo di difesa (il marchio di Harry Potter) in modo da non macchiarsi di alcun omicidio, nemmeno di quello dell'innominabile tiranno.
Ora, ciò che mi preme e mi domando: visto che Harry Potter gira tra le mani di bambini di 9/11 anni, non sarebbe una buona occasione per gli insegnanti per proporre una lettura non solo strutturale ai ragazzini, che capirebbero al volo che la democrazia non è una cosa data per scontata ma ogni cittadino deve fare la sua parte fino in fondo per mantenerla?

sabato 14 novembre 2009

IL VUOTO

Scrissi questo raccontino breve nel 1992 in piena tangentopoli, gli eventi attuali lo hanno riportato alla mente , non paiono trascorsi 17 anni eppure Krono non mente era il 1992 quando iniziò tangentopoli, ora è il 2009 e nulla pare essere mutato, 17 anni trascorsi invano? un circolo vizioso dal quale non si riesce ad uscire ? quasi un ventennio di 'nulla'?

IL VUOTO


Anche quella mattina, come molte da mesi, Italiano si svegliò con un senso di vuoto. Si guardò intorno, ogni cosa era al posto di sempre eppure tutto appariva diverso. E’ senz’altro la luce pensò, mentre il senso di vuoto ingigantiva. Scostò le coperte, appoggiò i piedi sul pavimento e si alzò. Neppure in verticale la situazione parve migliorare. Si avviò verso la cucina, aprì il frigorifero, vuoto!

Il ricordo lo folgorò in quel preciso istante. La sera prima passando al supermercato per il solito rifornimento aveva trovato gli scaffali vuoti; da mesi ormai i vecchi prodotti erano in esaurimento, ma i nuovi, già molto reclamizzati, ancora tardavano. Domani, chissà, forse, era da settimane l’immancabile risposta della commessa ed ora ciò che temeva s’era compiuto.

Italiano era quel che si dice, un uomo di mondo, avvezzo ai trabocchetti, abile a tendere tranelli, abituato insomma a fronteggiare gli eventi; nulla lo aveva mai impaurito.

Cos’era allora quel crescente malessere che gli serpeggiava in seno.

Italiano si guardò intorno e solo allora s’accorse ch’era sospeso nel vuoto.

Marziana

domenica 25 ottobre 2009

Minorenni impunibili che sfidano la legge

E' di oggi la notizia di 3 minorenni che per tre ore hanno tenuto in scacco un intero quartiere a Torino sparando all'impazzata e ferendo una donna; dopo essere stati individuati e fermati dalle forze dell'ordine con sfida hanno affermato: "siamo minorenni non potete farci nulla".

Ricordo che qualche anno fa nel Regno Unito venne varata una norma in base alla quale, nel caso di minorenni penalmente non perseguibili, la pena sarebbe stata inflitta ai genitori.

Non so se tale norma è ancora in vigore.
Ricordo però quel che pensai allora:
'è giusto' , nel caso di minorenni, sono i genitori responsabili delle loro azioni, non possiamo come genitori tirarci indietro quando ci troviamo difronte ai comportamenti antisociali dei nostri figli, ne abbiamo la responsabilità.

Forse introdurrei una discriminante, fino a 16 anni la responsabilità è dei genitori, dai 16 ai 18 va suddivisa tra i genitori e il giovane, oltre i 18 la maturità è decretata e la respnsabilità passa al giovane.

Questo darebbe un senso e raccorderebbe quanto ben conosciamo dai più recenti studi e ricerche psicologici, ovvero quanti e quali danni famiglia e genitori perpetrano sui figli.

A tal proposito c'è anche una importante citazione evangelica : 'le colpe dei padri ricadranno sui figli'. Quindi sono i figli a pagare le colpe dei padri.

Non possiamo quindi poi scaricare sulle spalle dei giovani tutte le responsabilità. I genitori, la famiglia come educatore primo e privilegiato ne hanno la responsabilità maggiore.

La mia riflessione è in parte forse provocatoria.

Mi chiedo e chiedo, siamo certi che difronte ad una situazione di questo tipo il nostro imput educativo sarebbe lo stesso che stiamo attualmente impartendo ai nostri figli ? e anche i nostri comportamenti sarebbero gli stessi ?

I figli sono il futuro, sono un bene straordinario e prezioso, stiamo davvero facendo il meglio per loro?

Marziana

sabato 24 ottobre 2009

METTERE I GOVERNI DAVANTI ALL'EVIDENZA - VALUTAZIONE DELLE POLITICHE, WEB 2.0 E COMPETENZA DEI CITTADINI

Convegno 27 ottobre 2009
Incollo la mail che ho ricevuto, contiene tutta l'informazione.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Dipartimento di Studi Sociali e Politici
Dipartimento di Informatica e Comunicazione

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METTERE I GOVERNI DAVANTI ALL'EVIDENZA
VALUTAZIONE DELLE POLITICHE, WEB 2.0 E COMPETENZA DEI CITTADINI
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Martedì 27 ottobre 2009
ore 9 - 18

SALA NAPOLEONICA
Via S. Antonio, 12
Milano

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Programma e relatori al sito: www.pubblica.org


L'evidenza che serve per migliorare le politiche pubbliche può venire da
diverse fonti: dalla valutazione professionale, dal giornalismo di
inchiesta, dalla competenza che i cittadini acquisiscono quando utilizzano
le politiche pubbliche e confrontano i loro giudizi, oggi soprattutto
attraverso Internet.

Nelle comparazioni internazionali, l'Italia si distingue per una duplice
debolezza:
- per la fragilità delle infrastrutture istituzionali per la valutazione
professionale
- per la sottoutilizzazione delle risorse che l'ICT offre alle
amministrazioni per agganciare i giudizi e le proposte del pubblico più
attento.

La ricerca presentata in questo convegno ha analizzato le cause e gli
effetti di queste carenze e ha individuato alcune tendenze su cui è
possibile fare leva per portare più conoscenza nell'azione dei governi

lunedì 19 ottobre 2009

L'umanità multiculturale e le identità di confine

La scorsa settimana ho partecipato ad un ciclo culturale dal titolo “L’umanità multiculturale e le identità di confine” organizzato da ‘Il Consultorio Familiare di Via Volturno a Brescia.

Il primo dei tre incontri programmati “Essere cittadino, essere umano: i diritti di cittadinanza e l’umanità multiculturale nelle società dell’occidente” si è tenuto lo scorso 8 ottobre presso la Sala Piamarta in Via San Faustino; quartiere che ben rappresenta la multiculturalità di Brescia. Relatore prof. Carlo Galli, docente ordinario di “storia delle dottrine politiche” dell’Università di Bologna.
I contenuti espressi mi hanno colpita per alcuni forse ovvi concetti che derivano da parole di uso comune ma a cui attribuiamo normalmente significati e valori diversi: una visione priva di stereotipi, ad un primo approccio quasi ovvia e banale ma a cui è difficile giungere per la mancanza di ‘senso critico’ che pare caratterizzare oltre che permeare la società contemporanea. Ed è proprio la mancanza di spirito critico che ostacola nuove visioni e nuove elaborazioni di idee da canovacci già noti.

Tento di evidenziare alcuni concetti che ho annotato durante l’incontro, mentre mi scuso già con il relatore per la mia parziale e certamente incompleta esposizione.


- Cultura non è natura. La cultura è un prodotto, una costruzione dell'uomo. L'aggettivo naturale spesso utilizzato in luogo di culturale, conferisce alle cose autenticità e veridicità e ciò porta alla loro accettazione ‘acritica’.

- Il concetto di identità, ad esempio l’ identità in politica, come pure l’identità culturale dalle quale spesso scaturiscono differenze e conflitti. Ognuno di noi ha più identità e di conseguenza è un portatore di contraddizioni; la modernità che nasce per semplificare, inventa identità finte, come la nazione ad esempio, che hanno effetti reali. La nazione è stata creata dal potere per identificare i suoi appartenenti e separarli da coloro che non vi appartengono, l’identità nazionale genera guerre.

- Il concetto di Persona, esiste la persona, il valore del singolo e delle sue libere scelte.

- La Paura, la politica sta guidando i sentimenti di reazione verso i "diversi", invece di essere mediatrice culturale e favorire l’ incontro e il superamento della paura, la amplifica. La paura, madre dell'identità, viene protetta dalla politica.

La curiosità dovrebbe sostituire la paura.

La paura è un sentimento utile e funzionale, aiuta l’uomo sin dalla notte dei tempi a difendersi dal pericolo, ma non abbiamo più ben chiaro chi, cosa temere; di cosa aver paura. Ci sono paure fondate: ad esempio cadere in un precipizio se si sta camminando sull’orlo di un burrone, la paura ci tiene vigili e allerta, ‘serve’ a sventare il pericolo. Perché invece abbiamo paura di chi ha, ad esempio, il colore della pelle diverso da noi, oppure ha altre abitudini di vita ? in cosa ci sentiamo minacciati dalla diversità dell’altro?

- Democrazia: non è il potere della maggioranza o come spesso si sente dire, il potere del popolo che porta spesso a sopraffazioni, bensì autodeterminazione.
E' la possibilità per tutti gli individui di "fiorire" in eguale maniera e dignità (escludendo violenza e sopraffazione) eliminando l'ignoranza, la povertà, la differenza di genere.
La democrazia deve essere perseguita, voluta ma ciò non accade poiché viviamo dentro la nostra cultura ‘acriticamente’.

Parole/fatti detti/agiti dagli stranieri possono essere un'occasione per interrogarci e anche criticare noi stessi cercando di capire meglio l'altro.
Questo si intende per multi cultura, e non un crocefisso appeso, una moschea edificata, un burka indossato.

- La famiglia, altro concetto chiave, ma cosa si intende quanto si parla di famiglia ? Di: relazioni affettive, supporto psicologico, sostegno economico, riproduzione, coabitazione, residenza anagrafica, coppia, estesa, unipersonale? Di fatto o legale? Perciò mosaico di pezzi molto complesso da definire. Per alcuni è un’istituzione, la cellula che riproduce la struttura della società. Quindi positiva ed indispensabile: Ma lo è davvero se il risultato è una società individualista, prevaricatrice e violenta? Esistono le brave famiglie come le cattive. Queste ultime che input offrono? Ha ancora senso il legame di famiglia? Il sentirsi legati ed obbligati ai parenti?

- e ancora un concetto di cui molto si parla e che molto piace: le radici culturali
Per alcuni l’Italia affonda le sue radici nella cristianità; interessante il richiamo al Sermone del Monte di Gesù:
“….Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie uva dalle spine o fichi dai rovi? Cosi, ogni albero buono produce frutti buoni; ma l’albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non può dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni……..”

L’albero si contraddistingue per i frutti non per le sue radici.

Interessante il dato fornito per l’utenza del Centro sociale di Brescia Centro: 58% italiana, 42% straniera e questo 42% è composto da 57 nazionalità diverse.

Le date dei prossimi incontri: il 22/10/09 e il 5/11/09 sempre alle ore 18,30.

Guglielmina D.

Sono sempre le donne a pagare il prezzo più alto

Sono qui seduta al computer e lavoro, sono le 20.20 circa, sottofondo il TG1, e la notizia che gli 8 del branco che nel 2007 violentarono una quindicenne a Montalto di Castro, sono stati rimessi in libertà 'in prova' e se tra due anni avranno superato la prova il reato verrà prescritto, ovvero ne usciranno puliti e il reato non risulterà sulle loro fedine penali.

http://www.lavocedifiore.org/SPIP/forum.php3?id_article=1135&id_forum=24403&retour=article.php3%3Fid_article%3D1135

http://www.atlantidemagazine.it/dblog/articolo.asp?articolo=6196

http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/09/10/19/montalto-stupro-reazioni-79852.html
Peccato che la ferita su questa ragazza rimarrà per sempre, non c'è prescrizione per la ferita, è li ti taglia a metà e niente e nessuno la guarirà mai.

Di tutte le violenze quella sessuale è la peggiore che si possa compiere su un altro essere umano ed è sempre compiuta dai maschi sulle donne, dai maschi sui bambini, sempre e solo i maschi sono autori di tale violenza, come di quasi tutte le altre.

Maschi appunto, perchè se un giorno diventassero uomini allora la violenza finirebbe.

Diffido chiunque dallo scrivere in questo blog che non è vero che talvolta anche le donne...il loro messaggio non verrà pubblicato.
Già talvclta anche le donne....

martedì 13 ottobre 2009

LA COSTITUZIONE ITALIANA, IL PREMIO NOBEL A OBAMA, ALCUNE RIFLESSIONI

Quando venne stesa la Costituzione Italiana, il mondo nella sua globalità e l'Europa nella sua specificità stavano uscendo da quello che potremmo oggi definire, il momento più buio della vicenda umana. Nulla di tanto abbietto ed esteso, a quanto sappiamo, era mai accaduto prima e nulla di così vaste proporzioni è più accaduto dopo, sino ad oggi.

In quel particolare momento storico chi stese la Costituzione, al cui cospetto mi inchino, aveva assoluta CHIAREZZA in merito ai mattoni fondanti di una DEMOCRAZIA.

OGGI c'è invece una CONFUSIONE ASSOLUTA, dal '47 ad oggi abbiamo perso chiarezza e non so cosa abbiamo realmente guadagnato.

Ritengo che nella chiarezza la COSTITUZIONE non si modifica, mentre nella confusione si, è tautologico.

Ieri sera dopo l'ennesimo intevento del Presidente del Consiglio, Sig. Berlusconi, ho avuto un moto di rivolta interiore, come si potrebbe dire parafrasando il linguaggio da lui utilizzato,
sputtanamento
ho avuto uno
scazzo pazzesco


L'Italia NON è Berlusconi e allora perchè mai ogni notiziario parla solo ed escusivamente dei problemi personali del sig. Berlusconi e non vengono invece trattati e risolti i problemi di Marziana, Maria, Lucia, Fernanda, Marco, Giovanni, Giuseppe... etc, per i quali egli e la sua squadra hanno avuto mandato ?

Lo stesso moto di rivolta interiore l'ho nuovamente avuto pochi minuti dopo, ovvero quando al TG2 è passata l'intervista al Sig. D'Alema e ancora una volta mi sono chiesta come mai il PD non lo abbia ancora buttato a mare. Che se ne fa la 'sinistra'? di questa ambigua ICONA che ha attraversato la storia italiana degli ultimi 35 anni per autoreferenzialità e solo autoreferenzialità al di sopra delle parti?
La sinistra non è passata attraverso nessuno 'reale' processo di rinnovamento, non ha avuto il coraggio del rinnovamento 'Tangentopoli' c'è stata anche per la sinitra, eppure i suoi rappresentanti sono ancora li, inossidabili al tempo e alla storia.

Questa Sinistra non è CREDIBILE.

Ma del resto mi chiedo se oggi abbia ancora senso parlare di Destra e Sinistra, già 15 anni fa Gaber scrisse in una sua canzone:
Cos'è la Destra? .. cos'è la Sinistra?..
e scrisse anche
...Libertà non è uno spazio libero, Libertà è partecipazione...
quindi crescita, evoluzione passano attraverso un movimento collettivo determinato sicuramente dalle crescite personali, in un circolo virtuoso dove la società modella i singoli comportamenti, ma anche i singoli comportamenti modellano la società, per questo non credo agli " uomini della provvidenza " dai quali ci si aspetta la sanificazione del mondo e per quanto piacere mi abbia fatto il Nobel ad un coraggioso come Obama, penso anche che con questo gesto sia stato posto sulle sue spalle un fardello troppo pesante che un uomo 'solo' non puo' portare.

Persino Frodo era accompagnato da Sam e dalla Compagnia dell'Anello.....
Si puo' dare anche un'altra lettura del Nobel a Obama: ... e ora beccati questo e vai avanti da solo.... mi suona ambiguo, solo tra qualche anno avremmo potuto vedere se Obama meritava il Nobel e quindo conferirglielo, ora per quanto stima e fiducia si possa riporre in questa persona, mi pare prematuro e mi pare lecita la mia domanda: è davvero cos' chiaro il messaggio della commissione svedese, o sto facendo del bizantinismo tutto Italico?

Marziana

martedì 6 ottobre 2009

L'Aquila, Viareggio, Messina

6 aprile 2009, il terremoto all'Aquila, il terremoto non lo si poteva evitare, ma la catastrofe si, come tutti sappiamo, costruendo secondo criteri antisismici.

30 giugno 2009, esplode un treno nella stazione di Viareggio, forse (lo dico con molti dubbi e perplessità, ho lavorato per ben 15 anni nei trasporti e in particolare di merci pericolose e ne so qualche cosa) l'esplosione non si poteva prevedere, ma anche in questo caso la catastrofe si poteva evitare, con un semplice muro protettivo tra case e ferrovia.

1 ottobre 2009, alluvione a Messina, la pioggia e anche le alluvioni vengono, non si possono impedire, ma anche in questo caso la catastrofe si poteva evitare, area a rischio idrogeologico a seguito di una gestione dissennata del territorio.

Solo solo 3 delle catastrofi che si sono verificate in Italia negli ultimi anni, sono accadute a 3 mesi di distanza l'una dall'altra e questo impressiona moltissimo.

In tutti i casi la tragedia è stata scatenata dal comportamento dell'uomo.

L'Italia un paese da terzo mondo, altro che G8 e uno degli 8 paesi più industrializzati. Un paese dove si muore perchè, pur potendo, non si è costruito in modo antisismico, un paese dove si muore perchè non si valuta che il trasporto di merci pericolose vicino alle abitazioni puo' causare tragedie, un paese dove si muore perchè, il territorio ormai altro non è che una merce come un'altra, non puo' certo considerarsi un paese sviluppato, e quindi se un paese è sottosviluppato è un paese da terzo mondo.

Mi chiedo dove e quando le prossime vittime dell'italica furbizia.

Marziana

sabato 3 ottobre 2009

Le dee dentro la donna

Alcuni mesi fa ho partecipato ad un interessante seminario intitolato i 7 volti del femminile tenutosi a Milano.
Il seminario ha trattato di alcuni aspetti della psicologia femminile che possono essere interpretati, vissuti e potenziati in modo diverso se considerati ed analizzati riprendedo gli archetipi che troviamo nelle dee greche.
Qui sotto ho cercato di sintetizzare i tratti che più mi hanno colpito e che hanno avuto una risonanza dentro di me.

All'interno di ogni donna sono presenti forze echi dell'antica Grecia e dell'antico sapere e sentire.
Gli archetipi presenti in ogni donna ne determinano la forza, il carattere, il proprio essere.
Ma non tutte le forze all'interno di ogni donna sono propriamente sviluppate e così le esperienze della vita ne potenziano alcune mentre altre restano sopite.
Alcune donne per sentirsi realizzate hanno bisogno del matrimonio, altre inseguono disperatamente l'indipendenza, altre vanno in cerca di nuove esperienze altre invece preferiscono al solitudine e scoprono la spirituralità.
Le dee agiscono all'interno della donna in maniera completamente diversa.
Le dee greche sono immagini di donne vissute nella fantasia umana per oltre tremila anni e rappresentano archetipi in grado di plasmare il corso della loro vita.
Nell'antica Grecia le donne erano consapevoli dell'influenza e del dominio che le dee avevano su di loro e per attivarle recitavano preghiere appropriate.
Le tessitrici avevano come patrona Atena, le adolescenti erano sotto la protezione di Artemide e quelle sposate si rivolgevano ad Era.
Anche la donna di oggi può rivolgere la propria richiesta di appoggio spirituale ad un particolare archetipo per la durata di una certa fase della vita o per sempre.
Ciò che attiva le dee è anche il fare. Ad esempio la pratica della meditazione può gradualmente attivare o rinforzare Estia, la dea attenta al proprio mondo interiore.
Le dee si dividono in vergini e vulnerabili. Le dee vergini (Artemide, Atena e Estia) rappresentano quella parte della donna che l'uomo può non riuscire a possedere mai, che non viene toccata dal bisogno di un uomo o dalla sua approvazione, esiste indipendentemente da lui.
Le dee vulnerabili (Era, Demetra e Persefone) sono quelle orientate al rapporto rispettivamente moglie, madre e figlia. Sono le dee orientate al rapporto, che trovano identità in un rapporto significativo.
Alcuni cenni sulle dee:
La dea Artemide è la dea della caccia e della luna, competitiva e sorella: rappresenta la realizzazione e competenza, indipendenza dagli uomini e dalle loro opinioni e interesse per le donne e per le giovani vitimizzate e impotenti. Le sue istanze rimandano a quelle del femminismo.
La dea Atena è la dea della saggezza e dei mestieri, stratega e "figlia del padre": rappresenta la donna razionale, governata più dalla testa che dal cuore. La donna riesce a mettere a punto strategie basate sul saper pensare e non si comporta come un uomo ma bensì come Atena.
La dea Estia è la dea del focolare e del tempio, vecchia saggia e zia nubile: Estia è concentrata sul mondo interno. La donna Estia considera le occupazioni domestiche un'attività significativa e non semplicemente ' le faccende di casa'. Una sorta di riordino interno.
La dea Era è la dea del matrimonio, donna fedele e moglie. Il desiderio primo è essere moglie. Il dolore per la mancanza di un compagno è un'esperienza dolorosa che la ferisce, come il non avere figli lo è per una donna che desideri più di ogni altra cosa avere un figlio. Ha la capacità di legarsi , di essere leale e fedele.
La Dea Demetra: dea delle messi, nutrice e madre. Questa dea rappresenta l'istinto materno che si realizza nella gravidanza o nel dare agli altri nutrimento fisico, psicologico o spirituale. Un potere che può essere fonte di vita o di depressione se non vissuto pienamente.
La Dea Persefone: fanciulla e regina degli Inferi, donna ricettiva e "bambina della mamma". Questa donna è passiva: non è predisposta ad agire ma è attivata dagli altri, ha quindi un atteggiamento condiscendente. Persefone fa si che la donna sembri eternamente bambina. Ma è anche donna che può far comunicare il conscio con l'incoscio, che sa capire i sogni suoi e delle altre persone.
Infine la Dea Afrodite: dea dell'amore e della bellezza, donna creativa e amante. Questo archetipo determina il piacere che alcune donne provano per l'amore, la bellezza, la sensualità e la sessualità. Quando in una donna è attiva Afrodite spesso e volentieri si innamora. A seconda delle diverse culture questo attributo può essere considerato un aspetto esaltante o degradante.
Per altre curiosità e approfondimenti vi rimando al sito www.arpha.it dove ho trovato gli estremi per partecipare al seminario.

Libri
Jean S. Bolen
Le dee dentro la donna
Gli dei dentro l'uomo.

Sito corso i 7 volti del femminile
www.arpha.it

martedì 22 settembre 2009

Il corpo delle donne - 24 minuti ben spesi

Giulia mi ha inviato una mail con il seguente link : il corpo delle donne

Molto interessante, da tempo pensavo a tutto questo e molto altro, ne parlammo proprio alcune settimane fa Renato ed io.

Il video mette in luce solo una parte dell'uso del corpo delle donne, manca almeno un altro 50% ovvero la flatulenza (solo femminile) e il bifidus attivo per 'la tua regolarita' e i salvaslip , e i pannolini che assorbono la 'pipi' perchè altrimenti non entreremmo in ascensore 'con altri' e i saponi intimi per quegli 'odorini' e le cremine per quei 'pruritini intimi' e i deodoranti ascellari e gli sciampoo e i balsami e i profumi e i prodotti per la depilazione eee........ tutti, tutti prodotti che servono solo alle donne, già perchè invece agli uomini non servono...

Ogni volta mi indigno e decido che non acquisterò quel prodotto, guardo sempre meno la tv e anche quando sono in poltrona con il televisore accesso in realtà il cervello è altrove, assorbito in altri pensieri, glissa come forma difensiva.

Però, però però mi chiedo perchè sono sempre più isolata, sempre più sola e le altre che fanno ? dire di no è possibile , è vero che i nostri comportamenti modellano la società che poi modella i nostri comportamenti..........ma allora non c'è speranza, oppure c'è ? La donna moderna è responsabile e ... puo' sottrarsi a tutto questo purchè lo voglia, non mi sento di scagliare la pietra contro l'altra metà del cielo.

Gli altri ti fanno cio' che tu concedi e quindi evidentemente le donne lo concedono senza ribellarsi.....

Marziana

giovedì 20 agosto 2009

A CHI APPARTIENE LA TUA VITA?

Potevo avere 13 forse 14 anni, età certamente difficile, ricordo bene l'episodio. La conflittualità con Natalina, la madre, era notevole, del resto ero una ribelle come soleva definirmi Italo, il padre. Gli anni erano caldi, avevo quell’età intorno al ‘68.

Un giorno come tanti, una discussione vivace, praticamente un litigio, io ero seduta e Natalina era in piedi e mi sgridava minacciosa, io mi arrabbiai e la rabbia crebbe tanto che le urlai sul muso:

“… ma chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, io no di certo”. La frase ne sottendeva un’altra che non pronunciaci: “e adesso sono qui e mi tocca rimanerci”:

Un genitore d’oggi opterebbe per altre soluzioni, ma Natalina reagì alle mie parole con la semplicità del mondo contadino e mentre io leggevo l’intenzione nei sui occhi lei fulminea passò all’azione. Precipitosamente mi alzai mentre lei mi inseguiva con la scopa in mano a guisa di giavellotto; ero più giovane e lesta, lei una pessima lanciatrice e la scampai.

L’affermazione non era una ‘provocazione’ del momento come potrebbe sembrare, era qualcosa su cui avevo realmente riflettuto e non con l’intenzione di compiere l’atto estremo, non ne ho mai avuto intenzione alcuna, amo talmente la vita da sentirmi la Vita stessa.

Oggi la domanda si sposta su un diverso piano ma l’interrogativo permane in quel dialogo interiore e personale che intrattengo con il divino, la questione è aperta.

Intendevo stralciare alcune parti più significative di altre dal libro di Flores D’Arcais, ma dopo averlo letto mi sono resa conto che ogni parte è significativa, ne suggerisco quindi la lettura, certo non per l’estate sotto l’ombrellone, non è una lettura amena.

Titolo: A chi appartiene la tua vita
Autore: Paolo Flores D’Arcais
Editore: Ponte alle Grazie

Nota per i gussaghesi: lo si puo’ trovare anche in biblioteca.

Marziana

lunedì 17 agosto 2009

I VALORI DI UNA SOCIETA' MODERNA

Tempo fa, parecchio tempo fa Renato mi raccontò il sogno che aveva fatto la notte avanti.
"lui ed io passeggiavamo in un giardino; nel giardino oltre a fiori piante e vialetti e persone, c'erano 5 monumenti, su ogni monumento era incisa una stella rossa e mentre passeggiamo gli spiegavo che ogni monumento era stato eretto come simbolo per un valore del nostro mondo, il primo valore era il lavoro, il secondo la salute, il terzo...."
Renato non ricordava altro, ricordava solo i primi due valori, ma il senso profondo del suo sogno, come lui mi disse, "sei tu che conosci i valori".
Il sogno era ambientato in un tempo futuro, ma i monumenti erano stati eretti molto tempo prima dei fatti del sogno.

Ho molto riflettuto sul sogno di Renato, e non tanto sulle implicazioni psicologiche, quanto sui valori e mi sono posta la domanda che forse non mi ero mai posta prima.

Quali sono i valori di riferimento di una società moderna, di una società destinata al progresso inteso come vita futura e non crescita economica. Quali sono i valori di riferimento perchè la vita e le persone possano esistere, convivere e progredire?

Dopo non poche riflessioni sono pervenuta a questi cinque valori:

- Il lavoro
- La salute
- La solidarietà
- La comunicazione
- L'organizzazione

Marziana

domenica 2 agosto 2009

Valori, riflessioni su morale e politica, un binomio impossibile?

Alcune settimane fa ho suggerito ad un'amica la lettura di "Valori" di Giorgio Alberoni, pubblicato da Rizzoli nel 1993 e come talvolta mi accade riaprendo un libro letto da tempo, ho sbirciato in giro ed ho iniziato a rileggerlo.

Ho da sempre l'abitudine di sottolineare, evidenziare con barre laterali, talvolta di datare i passaggi salienti. Un passaggio evidenziato mi ha catturato più di altri, forse perchè la data è il 28 novembre e il 28 novembre è anche il compleanno di Daniela, curiosa la casualità.

A pagina 96
"La nostalgia di qualcosa che abbiamo assaporato e perduto...."
"Il rimpianto, che non è semplice nostalgia, ma contiene un rimprovero verso noi stessi per quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto. Non abbiamo agito, abbiamo sbagliato, l'occasione è passata ed è sprofondata nel 'così fu' come lo chiamava Nietzsche. E noi vorremmo ritornare in questo passato e correggere i gesti di allora. Impresa impossibile, folle ?. E arriva il rimorso. Anch'esso una potenza positiva, una potenza morale, un risveglio. Anch'esso ci fa vedere il mondo in un altro modo, e ci trascina fuori dal nostro comodo, abituale noi stessi."

La data: 28-11-1994
"Sono queste le energie che si attivano, che premono che trionfano nel giorno della rinascita e della redenzione che appare dopo un prolungato periodo di aggiunstamenti continui, di compromessi più o meno grandi, fino a quando non abbiamo perso tutta la nostra freschezza e tutta la nostra autenticità, e ne sentiamo il vuoto. Fino a che non abbiamo raggiunto un grado doloroso di estraniazione da noi stessi.

Allora il passato si schianta sul presente, lo scuote, lo comprime, fino ad una soglia, oltre la quale lo spezza. Allora si sbriciola l'equilibrio faticosamente tenuto in vita con stratagemmi e a forza di volontà, si lacera la trama fatiscente della normalità quotidiana.

Le relazioni e le credenze precedenti riparate, aggiustate, difese con un continuo sforzo di rinuncia, di autosacrificio, di falsificazione, svaniscono..........."

......" in tutti i casi l'individuo sperimenta un mutamento interiore, la metanoia di cui parlava san Paolo......"

....." Vi sono poi i grandi mutamenti sociali, le rivoluzioni. Negli ultimi anni sono crollati i miti del comunismo sovietico. Anche l'Italia ne è stata travolta, perchè aveva il più grande partito comunista dell'Occidente e tutta la sua organizzazione politica era stata finalizzata per convivere con lui.

Sono sorti movimenti come la Lega, la Rete, il movimento referendario di Segni che hanno scosso il vecchio sistema politico...... E' da questi movimenti che sorge la seconda repubblica. Da quella che un giorno verrà ricordata come la rivoluzione di "Mani Pulite" Da un grande rinnovamento Morale."

QUI INSERISCO UN MIO COMMENTO

la Rete è scomparsa, del movimento referendario di Segni si è persa memoria, solo la Lega è rimasta e “Mani Pulite” il grande movimento di rinnovamento morale, negli anni ha assunto più i connotati del giustizialismo che della giustizia.

Nessuno di questi movimenti e partiti ci ha lasciato come eredità una maggior moralità nella politica.

A distanza di quasi un ventennio non vedo differenza alcuna nella moralità della classe politica, cosa differenzia la Prima dalla Seconda Repubblica ? solo un cambiamento di ‘gestione’ e un imbarbarimento delle istituzioni. Siamo ancora in mezzo al guado, tanto che sempre più spesso penso che la seconda è peggiore della prima.


..... CONTINUA dal libro di Alberoni

"... Anche in questo caso ciascuno deve poter vivere fino in fondo la sua rinascita, diventare pienamente ciò che lo chiama ad essere il suo tempo. Ma fino a che punto deve rompere con il suo passato? Deve dimenticarlo, come se non fosse mai stato suo? Può dire: ' io sono un'altra persona e non ho nessuna colpa, nessuna responsabilità di ciò che un tempo quel me stesso ha fatto ?'

Recentemente nella sua visita in Albania, papa Wojtyla ha ammonito gli albanesi: non dimenticate quasi cinquant'anni di oppressione e di orrore, Non dimenticate il regime comunista......... Tutta la psicanalisi di Freud è un invito a ricordare, a ripercorrere il passato, a ricostruire l'integrità del proprio Sé..
.... NON DIMENTICARE.......

Convertirsi significa entrare in un altro gruppo, un altro partito, un'altra chiesa. E ogni gruppo vuole tutto per sè, vuole una fede integra, vuole totale dedizione, vuole l'abiura degli errori del passato.....
..... Ma la totale abiura, il rifiuto in blocco del passato è moralmente pericoloso. Perchè, dimenticandolo, non vengono automaticamente cancellate le colpe. E inoltre perchè anche nel passato più malvagio ci sono degli atti buoni, c'è stato qualche movimento verso l'alto.

Aprite le Confessioni di sant'Agostino.......... E la durezza, la radicalità che Agostino applica a sè, lo sradicamento dell'eresia che compie in sè, lo compirà impietosamente sugli altri.

..... Come è diverso l'insegnamento di Gesù Cristo consegnatoci dai Vangeli! Gesù Cristo si preoccupa di conservare sempre il rapporto con il passato. Non vuole che nulla vada perduto. Il suo messaggio è esplicito: non sono venuto ad abrogare la LEGGE , ma a completarla. Fa continui riferimenti alla LEGGE, alle profezione. Quasi ogni sua parola riecheggia altre parole della Bibbia, fino all'ultima disperata invocazione sulla Croce. Vale la pena di riscoprirlo nel bellissimo commento alla Bibbia di Sergio Quinzio.

La parola di Cristo rompe e collega.

Invece quando il nuovo amore, la nuova fede, la nuova ideologia, rompono totalmente col passato, l'uomo nuovo non ha più obblighi, doveri. Viene preso da una specie di ebrezza, da un senso di libertà totale che lo conduce facilmente all'eccesso. Verso il rifiuto più completo dei limiti, verso il desiderio inestinguibile di conquista, verso l'intolleranza e il fanatismo. E' successo a sant'Agostino quando ordina lo sterminio dei donatisti, a Lutero quando chiede il massacro delle bande omocide e ladre dei contadini, a Calvino quando condanna Michele Serveto, ai rivoluzionari francesi nel nome della Ragione, fino ai genocidi del XX secolo nel nome del nazismo e del comunismo."

MIA NOTA

Alberoni si è dimenticato di citare l'INQUISIZIONE che ha attraversato i secoli ed ha compiuto azioni immonde ed efferate SOPRATUTTO sulle donne


....CONTINUA
" Ciò che vale per l'individuo vale, a maggior ragione, per le collettività. Aveva ragione Hegel. Dove non ci sono radici, costumi, obblighi, responsabilità concrete, dove non ci sono più freni, TRIONFA L'INTELLETTO ASTRATTO, il principio astratto, spietato, immorale.

Si, io affermo che ogni ricominciamento che vuole essere assoluto, ogni principio che vuole essere assoluto, assolutamente puro, non ha nulla di morale. La moralità è possibile solo se questo annullamento del passato, questa abiura, questa semplificazione non viene ammessa"....


MIO COMMENTO


Ho riportato i passaggi perchè li condivido, si potrebbe sintetizzare tutto nella locuzione:

"gettare l'acqua col bambino"

che è purtroppo quanto ancora una volta è accaduto, abbiamo gettato l'acqua col bambino e quel rinnovamente morale, possibile auspicabile non si è verificato.

Morale e politica, un miraggio ? o invece un miracolo che potrebbe in futuro accadere ?

Non mi spingo oltre per oggi, il resto alla prossima...
Marziana

domenica 26 luglio 2009

Commenti sul blog

Di seguito rilancio i quesiti che mi ha posto Marziana:

“Subject: post sul blog

mi sto chiedendo una cosa, ho inviato la mail a parecchia gente, secondo te quanti sono quelli che non mettono niente perchè non sanno come si fa ??

e quanti oltre a don angelo hanno la franchezza di chiedermelo apertamente, considera che buona parte sono persone abbastanza vicine da poterlo , fare ?

e sempre secondo te quanti sono coloro che pur non condividendo hanno il coraggio di scrivere sul blog il loro dissenso?

e sempre secondo te quante persone hanno il coraggio di esprimere pubblicamente e individualmente quello che pensano?”

Francamente non saprei rispondere.

So solo questo: se si vuole fare veramente una cosa si trova modo e tempo per realizzarla. Superando difficoltà e mettendo da parte anche eventuali orgoglio ed incapacità. Non è mai tardi per imparare.

Sembrerebbe quindi, fondamentalmente, una questione di coraggio.

Però può anche essere rassegnazione: esprimere la propria opinione non cambia né migliora le cose perciò tanto vale stare zitti.

Questo è quello che penso. Però posso, anzi spero, di sbagliarmi.

A voi i quesiti e le risposte.

sabato 18 luglio 2009

La storia dei sacchetti di plastica

Questo messaggio mi è giunto per e-mail, invece di continuare la catena metto il link sul blog a disposizione di tutti

http://www.marziana.net/fm/sacchettidiplastica.pps

Una prassi tutta Italiana : se vuole la fattura....

Una prassi tutta Italiana : se non vuole la fattura il costo è..... se invece vuole la fattura il costo è.... + Iva.

Tempo fa erano prevalentemente i dentisti, ne ho cambiati alcuni e non c'è stata eccezione alcuna, se non lo scorso anno quando sono andata in Croazia, Croazia appunto non Italia.

Ora anche il meccanico, l'elettricista, i servizi ambientalisti (lo spurgatore di fogne, come veniva definito un tempo ) è solo l'ultimo nella sequenza temporale. Ne ho parlato con altre persone e la musica è sempre la stessa.

Da tempo penso che la civiltà di una nazione si evince dalle norme di cui si dota, dal rispetto delle stesse, ma ancor di più dalla capacità di mettere in discussione e di modificare quelle sbagliate.

Sempre più spesso mi chiedo in che sorta di paese mi trovo a vivere, come potrà questo paese sopravvivere a se stesso e uscire dalla crisi, ognuno decide quali regole applicare a se stesso invece di portare avanti un dignitoso processo di revisione delle stesse.

Dove è finita l'onesta? dove sono finiti i galantuomini, quegli uomini che con una stretta di mano suggellavano un patto, dove è finito il controllo sociale?

Sono nata a Gambara nella bassa Bresciana 54 anni fa, ricordo bene il rapporto che mio padre intratteneva con gli altri membri di quella piccola comunità, ricordo mio padre che guardando l'altro dritto negli occhi e una stretta di mano 'siglava' un accordo, un accordo che se disatteso avrebbe portato chi ne fosse venuto meno ad essere definito con una negazione: non è un galantuomo.

La comunità conosceva benissimo i suoi appartenenti chi era e chi non era 'galantuomo'; i più lo erano, i 'furbi' erano ben noti, disprezzati e ove possibile isolati e l'Italia poteva crescere e prosperare, i furbi erano la minoranza della popolazione.

OGGI? no oggi questo non accade più, sembrano essere i 'furbi' i vincenti oggi e sembrano purtroppo essere la maggioranza della popolazione e non più la minoranza come un tempo e le comunità in generale sembrano nei loro confronti esprimere il concetto: hai visto... cosa ha fatto... è furbo... è bravo !

Marziana

domenica 5 luglio 2009

Mostra personale di pittura

Quanto segue è ciò che volevo dire all’inaugurazione della mostra personale di pittura “Il terzo tempo” di Marziana.

L’arrivo dei partecipanti in tempi diversi e l’evolversi dell’evento non me ne ha dato l’opportunità che ora ho.

“Dovete perdonare l’emozione ma non sono abituata a parlare in pubblico. Questa è la prima volta e lo faccio ora perché voglio molto bene a Marziana. Non farlo sarebbe stato negare questo sentimento.

L’espressione artistica è un dono che solo pochi fanno emergere e pochissimi fanno eccellere.

Marziana da autodidatta ha coltivato questo dono. Un dono cresciuto insieme alla persona.

Sempre con la voglia di trovare e sperimentare nuove idee unita al desiderio di comunicare e condividere. Attraverso la pittura è arrivata dove le parole spesso non giungono: ai sentimenti, alle emozioni, svelando una parte profonda di sé.

Elaborando immagini interiori e la realtà ha fatto nascere altri mondi, dove la terra l’acqua e il cielo acquisiscono nuove sembianze. Lo spazio diventa luce e armonia ed è popolato da sconosciute creature e simboli antichi.
Le sue figure di donna, cariche di dolcezza e forza trasmettono amore, sofferenza e accoglienza, mentre nei suoi teatrini creati con cornici di stoffa va in scena l’umanità.

L’uso sapiente del pennello e del colore, sempre pulito e luminoso, unito ad altri materiali rende le sue opere oltre che belle originali. Opere che suscitano domande e che donano benessere.

Ma ora lasciamo parlare la sua mostra.”

domenica 7 giugno 2009

Cibo EMERGENZA Globale

Segnalo che sul National Geographic Italia di giugno è pubblicato un approfondito articolo sulla fame nel mondo.

Entro il 2050 il mondo avrà altri tre miliardi di bocche da sfamare. Ma già adesso oltre un miliardo di persone rischia la fame, la domanda globale di cibo supera l¿offerta e i prezzi sono a livelli record. Come aumentare la produzione senza danneggiare ulteriormente l¿ambiente?
Autore: Joel K. Bourne, Jr. - Foto: John Stanmeyer


Purtroppo on-line è disponibile solo la citazione che ho riportato sopra, quindi per chi fosse interessato non rimane che acquistare la rivista in edicola.

E' invece disponibile integralmente sul sito della National Geographic, l'articolo in lingua inglese.

Marziana

lunedì 1 giugno 2009

WELFARE SENZA FUTURO, ovvero indagine sul fenomeno delle badanti

Il Prof. Sgritta ha condotto per conto della ONLUS Fondazione Luigi di Liegro uno studio sul fenomeno delle badanti, riporto di seguito la relazione pubblicata in internet che potete trovare anche sul sito della onlus.

Lo studio mi ha fortemente sopresa, non certamente per il fenomeno che è a tutti noto; ma in quanto dalla ricerca emerge che si tratta di un avvenimento prevalentemente italiano che investe in misura minore gli altri paesi a sud dell'europa quali Spagna, Grecia e Portogallo e pare sconosciuto se non irrilevante nel centro e nord europa.


“Badanti e Anziani in un welfare senza futuro”
Una ricerca sul mondo dell’assistenza agli anziani nella Provincia di Roma

La badante è un fenomeno tutto italiano. Cosa ha prodotto? A chi è utile? Sicuramente alle famiglie, ma anche allo Stato: solleva infatti le famiglie da compiti sempre più difficili e permette allo Stato di lasciare le cose come stanno, scaricando sulle spalle in primo luogo delle donne la responsabilità di curare e assistere minori e anziani.
L’allungamento della speranza di vita e il declino delle nascite hanno alimentato il processo di invecchiamento del nostro Paese. Le badanti rappresentano la risposta spontanea, privata, a queste esigenze; suppliscono alle inadempienze della politica e all’indebolimento delle famiglie e delle reti di aiuto familiare.
La ricerca – condotta sul territorio della città e della provincia di Roma svolta da un gruppo di ricercatori coordinati da Giovanni B. Sgritta, docente di sociologia, direttore del Dipartimento di Scienze demografiche dell’Università di Roma “La Sapienza” e presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro – si basa sui dati raccolti da 200 storie di vita o interviste in profondità rivolte a “badanti” di Roma e provincia, realizzate tra il 2007 e il 2008.
Il volume, pubblicato da Edizioni Lavoro, è diviso in due parti. La prima prende in esame il fenomeno delle badanti nel quadro dei grandi processi che caratterizzano la società italiana: il “familismo” del nostro sistema di welfare, la condizione della donna, l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione.
La seconda riporta invece le analisi e le riflessioni sui risultati delle interviste soffermandosi in particolare sui seguenti aspetti: i fattori che hanno spinto le badanti a lasciare il loro paese e le loro famiglie, l’esperienza spesso traumatica del viaggio, l’impatto con la realtà di un luogo estraneo, l’inserimento in un lavoro di cura ed assistenza; quindi, il rapporto con l’anziano assistito ed i suoi familiari, spazi e tempi della giornata della badante, i rapporti con gli italiani e con i connazionali; infine, i legami con i propri familiari restati nel paese d’origine e i progetti futuri.
In breve: la prima parte analizza la figura della badante, il fenomeno del “badantato”, in termini “oggettivi”, partendo dal presupposto che si tratta di un fenomeno del tutto nuovo. Vecchie, se mai, sono le mansioni svolte dalla badante: la cura e l’assistenza costante di una persona non autonoma, dipendente, compiti che in passato erano affidati esclusivamente ai familiari dell’assistito; la figura (sociale, sociologica, economica, culturale anche) invece è affatto recente. Intanto non esiste ovunque; non c’è traccia (statisticamente apprezzabile) di questo fenomeno nei paesi del Centro e Nord Europa. Ed è invece più o meno diffusa nei paesi dell’area mediterranea: Italia in testa, quindi Spagna, Grecia e Portogallo. Per dire: se si vanno a vedere le stime ufficiali della presenza degli immigrati romeni all’estero nel 2005, è agevole constatare che esse sono in quest’ordine: 249.000 in Italia, 175.000 in Spagna, 29.000 in Grecia e 11.000 in Portogallo. Ed è noto che la componente romena è particolarmente presente nel lavoro familiare (domestico e soprattutto di cura). La novità del “badantato” è che in questa attività si presentano inestricabilmente congiunte due figure socialmente e logicamente distinte: quella definita dagli obblighi familiari (tipica dei rapporti di sangue e di parentela: mogli, madri, figlie; tutti soggetti al femminile) e quella definita dal rapporto contrattuale di lavoro. Nella figura della badante queste due logiche si fondono e si confondono. Ed è questo che rende particolarmente intrigante lo studio del fenomeno. Se questo è vero, bisogna chiedersi perché? Perché la badante è presente in alcuni paesi e non altrove? Perché al Sud e non al Nord? Che ruolo svolge nell’assetto politico sociale di questi paesi? E’ una risposta individuale, ancorché statisticamente numerosa, o è una risposta collettiva? C’entra qualcosa il sistema di welfare di questi paesi, che guarda caso ha caratteristiche alquanto simili?
La seconda parte studia invece il fenomeno delle badanti dal punto di vista delle sue protagoniste e dei suoi protagonisti (gli anziani), cioè soggettivamente. Lo fa attraverso i racconti delle donne intervistate, delle loro storie di vita, che riepilogano l’esperienza compiuta dalla partenza dal paese di provenienza fino agli aspetti più minuti della loro vita con l’anziano assistito e con i familiari dell’anziano. Questa seconda parte non entra in conflitto con la prima; se mai, la completa, la integra. Non ci si può aspettare che gli attori in gioco capiscano fino in fondo la loro parte. Alcune lo fanno, si rendono perfettamente conto di quale sia il loro ruolo e parlano di “sfruttamento”; la maggior parte, si limita invece ad assumere questa esperienza come un pezzo della loro storia di vita, probabilmente destinato a terminare con il ritorno al luogo d’origine. Ma le narrazioni hanno un fascino particolare. In genere, le ricerche non prendono in esame l’esperienza soggettiva delle donne che sono occupate in queste attività di cura, né si occupano dei tempi e degli spazi in cui trascorrono la loro giornata di lavoro, o dei rapporti con i familiari dell’assistito. Ne escono elementi interessanti, che permettono di comprendere meglio e di precisare alcune delle conclusioni tratte dall’analisi condotta nella prima parte del rapporto di ricerca.


L’indagine è stata effettuata grazie ad un contributo della Fondazione Roma alla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro, onlus.

Giovanni B. Sgritta, docente di sociologia presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università “La Sapienza” di Roma. Membro della Commissione d’indagine sull’esclusione sociale, è autore di studi e ricerche sulle politiche sociali, la condizione anziana, la famiglia e le generazioni. E’ Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro – onlus.
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Paola Polidoro, Silvia Squillaci
Ufficio Comunicazione e Stampa
Fondazione Don Luigi Di Liegro
Tel./Fax 0669920486 – info@fondazione-diliegro.it
Via del Mortaro, 26 00187 Roma
www.fondazionediliegro.it

Badanti e Anziani in un welfare senza futuro
Giovanni B. Sgritta Edizioni Lavoro
Prima parte: lo scenario
La caratteristica principale dei sistemi di welfare a base “familista” (essenzialmente, Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) è che il compito di soddisfare i principali bisogni individuali è sostanzialmente affidato alla famiglia; lo Stato gioca un ruolo relativamente marginale, di intervento di ultima istanza: solo quando la famiglia e il mercato privato falliscono intervengono le istituzioni sociali, e anche allora solo temporaneamente. Nei paesi del Nord e del Centro-Europa le cose stanno diversamente: quelle responsabilità sono ampiamente condivise dalla collettività, sostenute da programmi politico-sociali, da trasferimenti e servizi rivolti agli individui e alle famiglie. In breve: i paesi del Sud-Europa sono caratterizzati da un tessuto familiare “forte” e da responsabilità sociali “deboli”; gli altri, viceversa, da un sostegno sociale “forte” e reti familiari “deboli”. Il modello sociale a base familista ha sostanzialmente tenuto nei tre decenni successivi al secondo dopoguerra, ma è entrato definitivamente in crisi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso. Le ragioni della crisi sono da imputare in particolare alla crescita dei livelli di istruzione della donna e alla spinta che ne derivava ad entrare nel mercato del lavoro; la conseguenza di questi processi (sacrosanti) è stata un progressivo indebolimento delle reti familiari e un depauperamento delle risorse destinabili ai compiti familiari di cura e assistenza. È accaduto ovunque in Europa, ma mentre altrove questi processi sono stati accompagnati da adeguate politiche di sostegno ai carichi familiari, i paesi meridionali hanno continuato a fare affidamento malgré tout sulle residue capacità delle famiglie di continuare a svolgere le loro funzioni tradizionali di riproduzione e produzione. Non a caso, in questi paesi che oggi è particolarmente depressa sia la fecondità sia la formazione della famiglia e più accentuato l’invecchiamento demografico. Meno figli, più anziani; una popolazione fortemente invecchiata, anche per effetto dell’allungamento della durata della vita, con l’inevitabile corollario della crescita degli anni vissuti in cattive condizioni di salute.
Qualche dato: gli over-80 erano circa 1 milione nel 1971 (2% della popolazione totale); a fine secolo erano 2,2 milioni (4%). Raddoppieranno ulteriormente nel 2020 (4,4 milioni e 8% della popolazione) e raggiungeranno i 6 milioni nel 2040 (11%). Al crescere dell’età, aumentano gli anziani colpiti da forme più o meno severe di disabilità. Così, i “confinati” (in un letto, in una sedia o comunque in casa) sono appena 24 su 1000 nella classe d’età 65-69, ma salgono a 319 in quella 85 ed oltre; quanti sono affetti da una forma severa di disabilità sono appena 70 nella prima classe e 573/1000 nell’ultima. Chi si occupa di questi anziani non-autosufficienti? In Italia, rispetto agli altri paesi dell’Europa centrale e settentrionale, la percentuale di persone che, nonostante l’età avanzata, continuano a vivere in una famiglia (la propria o quella dei figli) è più elevata. Il che, visto da un’altra angolatura, si traduce in una minore probabilità per le persone anziane di finire in un istituto. Secondo una recente indagine comparata, la proporzione di anziani istituzionalizzati in età superiore ai 70 anni è pari al 3.7% in Finlandia e al 4.2% nel Regno Unito contro appena l’1.1% in Italia. Sopra gli 80 anni, le differenze risultano notevolmente più marcate: 13.5% in Finlandia, 15.6% nel Regno Unito e il 3.4% in Italia.
Nel quadro di questa complessa dinamica, la figura della badante si affaccia come soluzione del problema. Manco a dirlo: una soluzione individuale o, meglio, familiare; comunque sia, in linea con il carattere familistico di questi sistemi. A questo scopo è stata “piegata” anche l’immigrazione. Negli ultimi anni l’immigrazione cambia faccia: fa registrare una crescente domanda di servizi da parte delle famiglie che si ricollega soprattutto al progressivo invecchiamento della popolazione e al consistente numero di persone disabili. Nei decenni ’80 e ’90, i flussi immigratori erano prevalentemente costituiti da maschi; oggi assistiamo ad un crescente aumento di donne immigrate destinate ad essere occupate come lavoratrici domestiche. Nel solo periodo 2002-2004, soprattutto a seguito della regolarizzazione del 2002, il numero di lavoratori domestici stranieri non-UE è più che raddoppiato, passando da 134.000 a oltre 366.000. E se nel 2000 gli stranieri rappresentavano poco più del 51% del totale dei lavoratori domestici iscritti all’Inps, nel 2004 la loro quota ha superato il 74%. Aggiungendo a questi gli irregolari, si stima che la presenza di lavoratori e lavoratrici domestiche sia compresa tra un minimo di 250.000 e un massimo di 900.000. Verosimilmente sono di più, tenuto conto che sarebbero circa 2.300.000 gli anziani non completamente auto-sufficienti di cui solo una piccola percentuale ricoverati in un istituto.
Il nesso con il carattere “familistico” del nostro sistema di welfare è più che evidente. La massiccia presenza di donne immigrate, in particolare nelle grandi aree metropolitane, integra e supplisce il graduale declino delle responsabilità di cura ed assistenza tradizionalmente garantite dalle stesse famiglie. Come dire? Dove queste “non arrivano”, arrivano le badanti. Dove i servizi non consentono di far fronte alle situazioni di bisogno, soccorrono le immigrate. Estranee che subentrano ai familiari, alle figlie e alle mogli in primo luogo, ma comunque donne, donne che sostituiscono altre donne in un’attività di lavoro che si conferma pur sempre come un destino femminile all’interno della nuova divisione sessuale (globale) del lavoro.
L’ipotesi della ricerca è la seguente: senza l’apporto delle badanti, il nostro modello politico-sociale, sostanzialmente imperniato sul lavoro della famiglia, sulle solidarietà familiari, sarebbe da tempo giunto ad un punto di non ritorno; alla necessità di approntare risposte alternative alla cura e all’assistenza inesauribile, flessibile e gratuita fornita dai congiunti e dai familiari ai loro vecchi. L’arrivo delle immigrate, dall’Asia e dal continente latino-americano prima, e più di recente dai paesi dell’Est-Europa, avrebbe dunque funzionato – come dire? – da “tappo” alla crisi del nostro modello di welfare home made. Lo shock della transizione è stato invece evitato, passando dalla realtà tradizionale degli aiuti familiari al surrogato di quegli aiuti trasferiti sulle spalle delle badanti rumene, ucraine, polacche, moldave, filippine e peruviane. Donne per donne. Privato con privato. Informale con informale.
La diffusa presenza del fenomeno delle badanti nel nostro territorio è la dimostrazione che soluzioni alternative a cui fare appello nella cura e nell’assistenza della popolazione anziana non ve ne erano e non ve ne sono. Perciò, le badanti tamponano alla bell’e meglio una situazione altrimenti insostenibile. Ma si tratta di un rimedio “omeopatico”, di un rimedio che agisce in sintonia con la logica del sistema, limitandosi a doppiarla in tutta la sua lunghezza; di un rimedio che rimette nelle mani di quelle stesse famiglie, che da sempre ne hanno sostenuto l’onere, la responsabilità dell’assistenza degli anziani dipendenti, senza mettere minimamente in gioco la responsabilità dello Stato e l’apparato dei servizi. L’intervento delle badanti, la possibilità da parte delle famiglie, anche di quelle di condizioni economiche modeste, di ricorrere ad un costo relativamente esiguo ad un aiuto in grado di supplire in larga misura e con non minore efficacia un compito che altrimenti sarebbe gravato sulle loro spalle, ha in definitiva sortito l’effetto di “bloccare sul nascere” l’avvio di questo processo.
A questo punto si pone una domanda: il ricorso alle badanti è una soluzione efficace e duratura o è destinata ad essere superata in tempi più o meno brevi? La risposta non può che essere negativa: la sua fine è già segnata e dipende dalla stessa natura dei flussi migratori, specie di quelli in arrivo in Italia dai paesi dell’Est europeo. Il raffronto fra l’Italia e la Romania è emblematico. I due paesi hanno una situazione demografica abbastanza simile. La Romania ha una struttura per età appena meno squilibrata di quella italiana, l’identica proporzione di popolazione in età da lavoro e una minore aspettativa media di vita alla nascita. I restanti parametri demografici sono pressoché identici, a cominciare dal tasso di fecondità totale (numero medio di figli per donna). Segno che la demografia rumena è destinata a ricalcare l’esperienza italiana e verosimilmente a ripeterla in misura accentuata, qualora dovesse proseguire al ritmo con cui si verifica oggi la perdita di popolazione prodotta dall’emigrazione verso l’estero. Il punto è che i flussi migratori coinvolgono prevalentemente se non esclusivamente fasce di popolazione in età riproduttiva, le stesse sulle quali ricade la responsabilità di assicurare il ricambio demografico e il sostegno delle generazioni più anziane dal punto di vista economico-previdenziale e assistenziale. Considerato lo scenario della demografia rumena, già ora contraddistinto da un livello di fecondità totale alquanto al di sotto del livello di sostituzione, le conseguenze in termini di alterazione della struttura demografica e produttiva del Paese potrebbero risultare piuttosto pesanti e alla lunga insostenibili: un significativo depauperamento della componente giovanile della popolazione, maschile e femminile, in età produttiva e riproduttiva, con ricadute importanti sul livello di invecchiamento demografico e sulla capacità di sostentamento e assistenza degli anziani, nonché sulla disponibilità di capitale umano indispensabile per lo sviluppo economico.
Di non minor rilievo sono le ricadute per il nostro Paese. Come si è detto, l’Italia sconta da tempo un intenso processo di invecchiamento, imputabile in larga misura al declino della natalità, all’assenza di adeguate politiche di sostegno economico alla formazione della famiglia, alla conciliazione dei tempi familiari e lavorativi delle donne entrate nel mercato del lavoro, e all’insufficiente sviluppo di servizi sociali e assistenziali rivolti alla prima infanzia e agli anziani. Carenze che si sono tradotte in un aumento del fabbisogno da parte delle famiglie di ruoli di supplenza in attività di lavoro domestico, di accudimento dell’infanzia e, in particolare, di assistenza e cura delle persone anziane dipendenti. Il risultato era nelle aspettative e non desta sorpresa. A bocce ferme, nel breve periodo, il gioco è a somma positiva per entrambi i giocatori: famiglie e badanti. Conviene alle famiglie che le assumono, perché consente loro di far fronte a necessità e tensioni non altrimenti risolvibili attraverso il ricorso alla struttura dei servizi pubblici, debole o inesistente, o al mercato privato ufficiale, quasi sempre eccessivamente oneroso; e conviene alle donne immigrate, perché consente loro di trovare un’occupazione, purché sia, in tempi rapidi, anche in assenza del prescritto permesso di soggiorno, senza sopportare i costi di sussistenza ed alloggio che vanno invece a gravare sul ménage familiare dell’assistito, come componente implicita della remunerazione del lavoro svolto.
Osservando le cose nel lungo periodo e a livello macro, la convenienza della soluzione rappresentata dalla presenza delle badanti viene meno; viene meno per entrambi i Paesi, quelli che offrono le badanti e quelli che le domandano, quando non si tramuta addirittura in un risultato negativo. In effetti, l’ampia disponibilità di manodopera a basso costo, di regola fuori contratto, senza oneri aggiuntivi per chi la assume, rischia di rinviare sine die la soluzione di seri problemi e deficit strutturali. Non a caso, la domanda di questa forza lavoro proviene dalle fasce sociali meno tutelate dall’attuale sistema dei servizi e in alcuni casi dalle più deboli, che non si possono permettere di ricorrere al mercato legale della collaborazione domestica contrattualizzata. Il costo che l’Italia rischia di pagare (con gli interessi) è quello di un mancato adeguamento del proprio apparato di servizi sociali; un’ipoteca: che se nell’immediato comporta apprezzabili vantaggi personali e familiari è destinata alla lunga a produrre ricadute negative, sia in termini di un ulteriore rallentamento del processo di modernizzazione economico-sociale, sia di un ulteriore rinvio di quelle misure in grado di contrastare il declino delle nascite e l’invecchiamento demografico e di favorire la crescita dei tassi di attività femminile.
Parte seconda: le storie di vita
Qui si lavora per vivere, là lavori ma non si può vivere (A., Perù, 30 anni)
Lo strumento adoperato nella raccolta delle informazioni è l’intervista orale registrata (una prassi che, come fa osservare giustamente Sandro Portelli, comporta “inevitabili effetti di riduzione, manipolazione o comunque trasformazione”), rivolta ad un campione di donne che si trovano a svolgere presso una famiglia l’attività di badante. Il territorio, come detto, è la città di Roma.
Un aspetto importante che distingue le une dalle altre è l’evasività delle risposte. Pur accettando di collaborare, l’intervistata può di fatto svuotare la risposta di contenuto banalizzandola fino a renderla inutilizzabile ai fini dell’indagine.
Il fatto che le badanti siano “donne globali” (come le definiscono Ehrenreich e Hochschild), che provengono da paesi fortemente ancorati alla tradizione e che emigrano spesso perché spinte dal bisogno economico, non contribuisce ad uscire da questo vicolo cieco. Sorprende che non se ne rendano conto: quelle che hanno denunciato un contratto di lavoro violato in più punti si aggrappano unicamente a motivi economici. In altre parole, non sarebbero pagate per quel che vale il loro lavoro; il che significa, che se lo fossero, se le prestazioni extra e le mansioni superflue venissero adeguatamente compensate, il problema sarebbe automaticamente risolto.
Lei [l’assistita] non si rendeva conto, pensava che io stessi in casa sua perché avevo bisogno di un posto dove poter stare, lei pensava che a me stesse dando la carità, un letto, da mangiare. Quando il nipote mi pagava lo stipendio, lei chiedeva perché mi stesse pagando dato che io non le facevo niente…(B., Romania, 20 anni).
L’inserimento della badante nella casa dell’anziano coincide con una ristrutturazione mentale dell’immaginario familiare dell’assistito. A quel punto, famiglia e badante si fondono, danno luogo ad un’identità. La dipendenza è duplice, come in ogni rapporto di lavoro, ma con una differenza fondamentale: lo scopo della relazione è di una natura così intima, così continuativa, così totalizzante, da non consentire vie di fuga né all’uno né all’altra.
… l’Italia è piena di rumeni, di indiani e di altri immigrati che accettano di lavorare anche a prezzi bassissimi, ma se noi facessimo un giorno sciopero, tutte le badanti insieme, minacciando di non tornare più, ci sarebbe il terrore. Ci sarebbe paura specialmente per le famiglie più ricche, per quelle che possono permettersela una badante… ed è a loro che fa comodo avere le badanti. Dato che siamo così importanti per il paese perchè non ci pagano adeguatamente e ci rispettano nelle nostre libertà, invece ci sfruttano perché la situazione è comoda così… (V., Romania, 50 anni).

giovedì 16 aprile 2009

L'Aquila, una testimonianza dal terremoto.

Riporto di seguito la mail di un conoscente che pubblico su espressa autorizzazione e dalla quale elimino i riferimenti territoriali esplici in quanto nulla tolgono o aggiungono all'informazione poichè l'obiettivo non è distribuire la colpa ma conoscere da chi c'è stato e ha voglia di raccontare cio' che i canali ufficiali hanno taciuto. Spero che altri vogliano lasciare la loro testimonianza sul blog.

"Ciao

Mia moglie è arrivata a casa molto avvelenata. Ha visto e ha confrontato quanto la televisione ci propone nei giorni seguenti.

Ha gradito l’esperienza anche se ha visto cose molto negative.

Partenza da qui, operativi in 2/3 ore. In autostrada una fila interminabile di mezzi per i soccorsi. Tutti dalla lombardia, i primi a muoversi e i più organizzati.

Arrivo in area territoriale e li tutto arruffato e si comincia a rallentare per l’afflusso troppo massiccio.

Arrivo sul posto tempo lungo di attesa e indicazione dove si dovevano recare. Sbagliata la strada due volte o tre. Il terremoto è in valle abbastanza piana dove c’è l’aquila.

L'associazione dei volontari è dirottata a 1200 mt sul mare su un pianoro a fianco della valle. Arrivo verso la mezzanotte. L'associazione dei volontari non ha navigatori ne garmin ne altro tipo. Assurdo.

Nessuno ti da una mano con delle cartine. Se ci fossero collegamenti internet e web si avrebbe tutta la documentazione per arrivare in zona. Contatti con la centrale della protezione civile

Difficile,il metodo telefonico è insufficiente. Arrivo e passa ancora tempo prima di capire cosa dobbiamo fare. Finalmente gli ordinano di impiantare le tende.

La gente dorme tutta in macchina (la scossa delle tre antecedente, 24 ore inutili) Dormire qualche ora al freddo totale (1/2 gradi siamo in montagna) senza abbigliamento adatto.

L'associazione dei volontari verrà aspramente sgridata perché non ha le necessarie divise, cappelli, cinture. Mancanza dell'associazione dei volontari da cui dipendiamo.

Al mattino cominciano ad arrivare le persone qui dirottate per essere ospitate in tenda. Di fronte la caserma della guardia di finanza e alcuni altri edifici illuminati tutta notte e vuoti.

Noi nel campo senza corrente perché in 24 ore e poi 48 ne i militari ne la protezione civile non ha fornito ne generatori ne stufe per riscaldare le tende. Possiamo solo distribuire un po di te o latte caldo. Il pranzo del mezzogiorno arriva alle 5 del pomeriggio (un giorno e mezzo dopo) dopo una violentissima lite con la centrale operativa.

In pianura molti non hanno piantato ancora le cucine da campo. Dopo altre 36 ore la dottoressa ,con altra lite furibonda, ottiene una scatola di medicinali

Per le pressioni alte, asma e altri acciacchi tipici dei bambini e delle persone anziane. La situazione leggermente si stabilizza. La terra trema continuamente anche in modo

Terrorizzante. Le case rotte e lesionate sono tante. La gente è spaesata e impaurita. Solo bambini giocano perché non si va a scuola ed è sempre mezza allegria per questo.

La gente si affeziona all'associazione dei volontari che le aiuta anche nelle piccole cose e ringraziano continuamente.

Però la gente non fa niente assolutamente. Non sfiora un badile, non aiuta a montare le tende, non fa assolutamente niente. In friuli era il contrario,mandavano via i soccorsi perché volevano fare loro. Infatti ci sono persone nell'associazione dei volontari che ha vissuto anche quell’esperienza. Alcuni dottori arrivati nelle prime 24 ore non vengono accettate nei paesi di valle più colpiti. Arrivano all'associazione dei volontari e vengono accolte e messe all’opera. Si sente una mancanza totale di vero coordino delle risorse della protezione civile. Evidentissimo l’allaccio enel dopo 6 giorni

Mancano in modo palese generatori di corrente e stufette per riscaldare le tende. La staff di persone romane e dintorni che fanno il nucleo centrale della organizzazione ancora una volta non si è smentita. Dopo i 6 giorni primari, i giornalisti sono sempre a caccia di lamentele, di gente che piange, di storie lacrimose,in parte dovute perché la disgrazia e la tragedia è tanta, ma c’è anche il dovere di vedere che tipo di intervento ha svolto la protezione civile. Che è migliore dall’ultima catastrofe ,ma non all’altezza della situazione.

E qui un pensierino ai santoro di turno che percepiscono la tragedia della disorganizzazione , ma la vogliono piegare solo per il fine politico: colpire Berlusconi, non per la gente d’abruzzo.

Da testimonianze dirette della gente sul posto: episodio ospedale aquila.

Preventivo 20 anni fa 20 miliardi. 20 anni di costruzione e totale finale 250 miliardi. Il pronto soccorso edificato su più piani (contrariamente alla soluzione intelligente di un piano solo, è raggiungibile solo attraversando in un sottopasso l’ospedale intero. Se l’ospedale crolla il pronto soccorso non è raggiungibile. E qui il tracollo della intellighenzia progettuale dei nostri architetti ben pagati. Roba da pestarli al ludibrio in piazza. Schifosamente incapaci.

Al 6 giorno arrivano i soccorsi dalla calabria. La sicilia fa sapere che non ha fondi per mandare aiuti. (pochi giorni fa si era saputo di un comune siciliano che aveva esattamente 6 volte i dipendenti che normalmente vengono assunti per gestire un comune di pari abitanti.

Mia moglie se ne è venuta a casa con un senso totale di sfacelo e forse tornerà ancora qualche giorno per fare altre cose al campo e per dare cambio alle persone. Vivissima la sensazione negativa di avere visto tantissimi abruzzesi e molto giovani con le mani in tasca davanti ai bar a osservare i volontari delle associazioni a fare qualcosa oltre che a estrarre i sopravvissuti, o i cadaveri dei loro parenti o conoscenti. Questa è la realtà e i giornalisti l’hanno omessa in modo palese. Se non ci fosse questa omertà si potrebbe organizzare una protezione civile degna di questo nome. Basterebbe affidare a un corpo d’armata di alpini e tutto si risolverebbe.

Non pensare che io sia razzista oppure pensalo, i fatti però dicono che le culture del meridione falliscono su tutta la linea e quelli che ti ho riferito sono verità.

Ciao

(omissis) "

giovedì 5 febbraio 2009

Luana Englaro

Mi chiedo come mai nei notiziari televisivi e radiofonici passi solo la posizione di una certa parte cattolica oppure Monsignor Casale non è cattolico?

Nelle sue parole una grande umanità che raramente ho trovato negli uomini e nelle donne di chiesa, grazie Monsignor Casale, grazie di cuore

http://www.adnkronos.com/IGN/Edicola/?id=3.0.2983469526

CASO ENGLARO: MONSIGNOR CASALE, PORRE TERMINE AL CALVARIO E' UN ATTO DI MISERICORDIA

"Mi sento vicinissimo a papà Peppino. Quella di Eluana non è più vita, porre termine al suo calvario è un atto di misericordia". "Non è tollerabile accanirsi ancora né proseguire questo stucchevole can can. C'è poco da dire: l'alimentazione e l'idratazione artificiali sono assimilabili a trattamenti medici. E se una cura non porta a nessun beneficio può essere legittimamente interrotta". E' quanto dichiara in un'intervista al quotidiano 'La Stampa' l'arcivescovo Giuseppe Casale. "Si è creato il 'caso Englaro' - prosegue monsignor Casale - agitando lo spettro dell'eutanasia, ma qui non si tratta di eutanasia. Alla fine anche Giovanni Paolo II ha richiesto di non insistere con interventi terapeutici inutili. Vedo quasi il gusto di accanirsi su una persona chiusa nella sua sofferenza irreversibile. Una vita senza relazioni, alimentata artificialmente non è vita. Come cattolici - aggiunge - dovremmo interrompere tutto questo clamore e dovremmo essere più sereni affinché la sorte di Eluana possa svilupparsi naturalmente. I trattamenti medici cui è stata sottoposta non possono prolungare una vera vita, ma solo un calvario disumano. E' giusto lasciarla andare nelle mani di Dio". "L'alimentazione artificiale - conclude monsignor Casale - è accanimento terapeutico, se la si interrompe Eluana muore. Rispettiamo le sue ultime volontà e non lasciamo solo un padre che, appena si saranno spenti i riflettori di una parossistica attenzione, sarà in esclusiva compagnia del suo dolore. Io lo comprendo, prego per lui, gli sono vicino. Neanche io vorrei vivere attaccato alle macchine come Eluana, anche per me chiederei di staccare la spina. Eluana non c'è più già da tanto, da molto tempo prima della rimozione del sondino che simula un'esistenza definitivamente svanita".